Grotte marine e terrestri nella Riserva dello Zingaro – Un mondo da scoprire

Notevole importanza rivestono le grotte nella Riserva Naturale dello Zingaro. Un’esperienza unica per coloro che vogliono immergersi in questi posti unici ed abbracciarli con i propri sensi, ma attenzione, mai senza la guida di un esperto speleologo.

Le grotte della Riserva Naturale dello Zingaro rappresentano un aspetto del “Carsismo”, termine che rimanda a tutto un insieme di attività che l’uomo per studio, ricerca e “socializzazione” svolge e in cui entrano in gioco tante discipline che si intersecano e si aiutano a vicenda, per comprendere i fenomeni e le potenzialità del binomio acqua/roccia che è l’artefice principale del carsismo.

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Con un approccio semplice, ma senza trascurare l’aspetto scientifico, possiamo affermare che nella Riserva dello Zingaro, estesa per circa 1650 ettari, si possono distinguere:

  • una zona montana, dove troviamo le cime più alte che formano la dorsale che da sud-est sale verso nord-ovest coi Monti Scardina, Pizzo Passo del Lupo, Monte Speziale, Monte Passo del Lupo e, a chiudere verso mare, Monte Acci;
  • una zona collinare, intermedia, dove scorgiamo alcuni nuclei abitativi come il Borgo Cusenza e le Case di Contrada Sughero;
  • una terza zona, costiera, ma non per questo geologicamente e geomorfologicamente meno interessante, lambita dal mare.

L’attuale situazione morfologica della Riserva dello Zingaro è legata a tutta una serie di eventi geodinamici e tettonici che si sono succeduti nel tempo dal Miocene ad oggi (Quaternario). Questi movimenti, legati al sotto-scorrimento della placca africana rispetto a quella euro-asiatica, hanno portato alla formazione della Catena Appennino-Maghrebide di cui fanno parte anche i monti di San Vito lo Capo.

Bisogna però precisare che le rocce che troviamo all’interno della Riserva hanno una storia molto più antica, che risale a prima del Miocene. Possiamo trovare, infatti, rocce dolomitiche e carbonatiche che hanno un età di circa 200 milioni di anni (al massimo) ma anche rocce giurassiche, cretaciche, fino alle più recenti calcareniti del Quaternario.

Le grotte sono i prodotti più conosciuti ed apprezzati del carsismo ma esistono morfologie esterne o epicarsiche molto interessanti e suggestive.

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Le forme superficiali sono molteplici:

  • le scannellature o karren, che presentano forme ed andamenti vari, a seconda delle pendenze, da lineari a sinuosi;
  • forme di raccolta: anche queste a seconda della grandezza possono essere delle vaschette, delle vasche o dei vasconi che raccolgono anche diversi metri cubi di acqua (delle vere e proprie piscine);
  • forme di infiltrazione, che da semplici feritoie e piccoli pozzi di percolazione, per dissoluzione della calcite, possono arrivare ad essere dei crepacci o delle vere e proprie forre (gole) oppure anche delle doline, quando la dissoluzione avviene su depressioni carsiche con sprofondamenti del substrato roccioso;
  • tipiche dei paesaggi carsici, pertanto le troviamo anche nella nostra Riserva, sono le stone forest: particolari morfologie che sono conseguenza di vari fattori morfologici, strutturali, litologici, pedologici e idrologici. Si tratta di forme molto particolari che si presentano sotto forma di guglie e pinnacoli tipici ed eccentrici.

 

Le forme ipogee, ovvero quelle presenti all’interno delle cavità carsiche, possono avere forme e dimensioni anch’esse molto varie ma di solito si presentano sulle pareti, sotto forma di vele o cortine, sul pavimento con stalagmiti, vaschette e pisoliti (perle di grotta) oppure sulle volte con le classiche stalattiti. Altro fattore molto importante per la creazione delle morfologie carsiche è l’ambiente di formazione. Esse infatti cambiano a seconda che ci troviamo in condizioni vadose (percolazione o scorrimento dell’acqua a pelo libero) o in condizioni freatiche (in questo caso le acque riempiono per intero i condotti e le camere all’interno delle grotte). Molteplici sono le forme osservabili in grotta come potrete apprezzare nelle foto a corredo di questo articolo.

Classificando le grotte anche in base alla fruizione possiamo distinguere grotte orizzontali e quindi per lo più visitabili da “neofiti” e le “zubbie” (termine che, nel trapanese, veniva utilizzato nell’antichità per indicare luoghi ricchi d’acqua ed acquisito dagli speleologi che lo hanno fatto proprio). Queste ultime sono accessibili solo ad esperti quindi solo a coloro che sono abilitati a progredire su corda (ovvero gli speleologi). Infine esiste un terzo tipo di grotte, quelle sommerse, che sono davvero esclusive: solo i sub con brevetto Cave Diving possono accedere (di queste ultime daremo solo un accenno visto che la loro accessibilità è molto limitata).

Alcune di queste grotte sono davvero alla portata di tutti ma, ricordiamo, è importante andare con persone esperte e che conoscono molto bene quei luoghi. Perdere l’orientamento è molto facile.

In molti casi le grotte presentano diverse possibilità di percorsi, possono essere molto articolati, con cunicoli e piccoli salti che è necessario conoscere. Chi ha familiarità con le grotte sa infatti che, la strada che si fa all’andata, pur essendo la stessa al ritorno, si presenta molto diversa e che il panico può sempre presentarsi.

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La Grotta del Sughero è senza dubbio la più grande ed interessante di tutta la R.N.O. dello Zingaro sia per le sue concrezioni (non solo stalattiti, stalagmiti e colonne di circa 10 metri) ma anche per formazioni caratteristiche quali le eccentriche (ovvero delle forme particolari che non rispettano la forza di gravità) sia per la presenza dell’acqua (molto rara all’interno delle cavità carsiche in questa Riserva) con alcuni laghetti che si formano sia nel ramo destro che nel ramo di sinistra.

La Grotta dell’Uzzo è una cavità carsica molto interessante per motivi archeologici. Sono stati fatti dei riscontri in questo grande antro, che datano la presenza dell’uomo del paleolitico superiore.

Altre grotte accessibili sono quella del “Porco” la quale presenta delle striature di faglia che ne fanno capire l’origine (tettonica) e le tre che prendono il nome di “Mastro Peppe Siino”, queste ultime più che grotte sono degli antri che hanno funto da riparo fino al secolo scorso. Sempre nella zona collinare o a mezza costa si trovano altre tre grotte molto belle per la presenza di speleotemi molto interessanti come le “forme coralline” o meglio gli “pseudo coralli” che però nella terminologia tecnica prendono il nome di concrezioni da splash formatesi per impatto dell’acqua contro pareti o pavimenti. Si tratta della Zubbia dei Coralli (così chiamata proprio per la presenza degli speleotemi sopra descritti), della Zubbia del Corno e della Zubbia delle Lame. Come si evince dal termine “zubbia” le tre cavità sono accessibili solo a persone esperte, visto che si tratta di grotte verticali.

Nella zona montuosa, ovvero sulle cime dei Monti di San Vito ricadenti all’interno della Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, sono presenti altre grotte ma l’unica accessibile al pubblico inesperto è quella di Monte Speziale. Le altre, vuoi per il fatto che si tratta di grotte che presentano dei dislivelli all’ingresso (Zubbia della Ficara e Zubbia di Monte Scardina) o perché poco stabili vista la natura e la genesi (trattasi di grotte originatesi lungo linee di frattura e soggette a crolli) come le Grotte di Monte Scardina 1-2 si sconsiglia l’accesso anche in presenza di esperti.

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Nel periodo estivo si consiglia visitare le cosiddette grotte semi.

Iniziamo dalle grotte di Cala dell’Uzzo, ovvero la seconda cala a partire dall’ingresso di San Vito lo Capo: si tratta di grotte a pelo d’acqua o appena al di sopra ma facilmente accessibili; a seguire abbiamo le grotte di Cala Marinella, quasi tutte raggiungibili a nuoto tranne la quella di Cala Marinella che si trova ad una quota di circa 10 metri sul livello del mare.

A punta Leone ed a Cala del Varo troviamo altre quattro grotte molto carine ed accessibili anche a neofiti ed infine quasi a fine riserva, nella Cala Capreria, esistono una decina di grotte piccole ma molto interessanti tra cui l’omonima Grotta della Capreria e quelle denominate del Museo perché al di sotto della sede del museo naturalistico della Riserva in prossimità dell’uscita; da menzionare per le dimensioni la Grotta dei Ciaraveddi e dei Battesimi per le interessanti concrezioni e vasche che ne hanno determinato anche il nome della seconda. Un cenno particolare merita la Grotta dello Zingaro denominata anche del Frassineto perché si trova in prossimità di un frassineto molto grande. Una cavità paleo-marina abitata fino al secolo scorso.

Infine un cenno alle grotte sommerse: Grotta degli Albanesi, Grotta Profonda, Grotta del Tunnel, Grotta delle Corvine, Grotta dell’Acqua Dolce ….

Si tratta comunque di grotte raggiungibili solo da speleo sub con “Brevetto Cave”.

La Riserva dello Zingaro non è pertanto solo una, pur meravigliosa, cornice che ospita uno splendido mare con le sue suggestive calette. E’ certamente molto di più. Passeggiare lungo i suoi sentieri, facendosi incantare dai colori, dagli odori, dai suoni della flora e della fauna, tipicamente mediterranee “che la abitano”; scoprire, poi, faticando un po’ ma non troppo, i suoi scrigni nascosti – le sue grotte – rappresentano un’esperienza unica ed indimenticabile.

Provate ad immaginare … è una giornata di maggio, ma potrebbe essere marzo o aprile o ottobre … camminate seguendo il sentiero, immersi in una natura al tempo stesso selvaggia ed accogliente, fino a giungere ad un ingresso seminascosto.

Gli speleo che vi guideranno vi forniranno guanti e caschi, e voi, emozionati, un po’ intimoriti e al tempo stesso desiderosi, vi immergerete in un’atmosfera unica.

Già è cambiato tutto: luce, odori, temperatura…il tempo di ambientarvi un po’ e inizia l’esplorazione fra cunicoli un po’ più stretti e spazi più ampi, ricchi di stalattiti, stalagmiti, vele (cortine), eccentriche…

Raccontare, vi assicuro, non rende. Attraverso l’esperienza diretta potrete apprezzare fino in fondo e la ricchezza e le meraviglie di questo luogo magico!!!

Geologo Ninni Gallina
Presidente G.A.S. TP