di Mario Torrente
Il 18 maggio è una data importante per la Sicilia. È un anniversario di quelli belli che hanno segnato un punto di svolta, in meglio, per tutta l’isola e per la tutela del suo patrimonio naturalistico. Nella primavera del 1980 due mila persone marciarono assieme per dire “no” alla realizzazione di una strada che avrebbe dovuto collegare San Vito lo Capo a Scopello. Una vera e propria litoranea che avrebbe finito col devastare uno dei più bei tratti di costa della Sicilia, arrivata intatta ai giorni nostri, con il suo carico di bellezza, storia e natura, grazie a quella mobilitazione che spianò la strada alla nascita della Riserva dello Zingaro, istituita un anno dopo, il 6 giugno 1981.
Fu la prima in Sicilia. Alla Riserva dello Zingaro seguirono tante altre date. Queste due date, quindi, 18 maggio 1980 e 6 giugno 1981, segnarono quindi un’utentica svolta, con una nuova cultura ambientalista che permise, intanto, di salvare questo angolo di paradiso, con il suo ecosistema, le meravigliose calette, la sua storia, l’ambiente incontaminato segnato dall’equilibrio che ci può essere tra natura e uomo. Ma da quel 18 maggio del 1980 prese forma anche un percorso che avrebbe portato alla costituzione di altre aree protette. Invertendo una tendenza che fino ad allora aveva cementificato l’isola nei suoi angoli più belli.
Quarantaquattro anni dopo la marcia dello Zingaro la mappa della tutela ambientale in Sicilia passa da 4 parchi regionali Etna, Madonie, Nebrodi, Alcantara) ed uno nazionale, quello di Pantelleria, assieme a 75 riserve naturali istituite dalla Regione ed i 245 siti di Rete Natura 2000 per la conservazione degli habitat, della fauna e della flora, a suo volta suddivisi in zone Sic, Zps e Zsc. Le Sic, i siti di interesse comunitario, sono aree protette dell’Unione Europea mentre le Zps, in base alla direttiva uccelli, sono zone di protezione speciale nell’ambito delle rotte di migrazione dell’avifauna. Le Zsc, invece, zone speciali di conservazione rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva habitat per la conservazione degli ecosistemi individuati dall’Unione Europea. In Italia se ne contano 2302 e molte di queste aree sono presenti anche in provincia di Trapani.
Ma la “mappa” della tutela naturalistica in Sicilia vede anche 7 arre marine protette, tra cui c’è quella delle Egadi, la più grande in Europa, 1 geopark Unesco e 93 geositi, che sono aree per la salvaguardia, tutela e conservazione del patrimonio geologico siciliano. Nell’isola sono circa 205. Ma non finisce qui. Tra le aree che compongono il grande mosaico della tutela naturalistica in Sicilia rientrano anche le Zone Ramsar, aree umide di valenza internazionale protette per la conservazione della biodiversità. In Italia ne sono presenti 56, di cui 4 in Sicilia. Tra queste c’è la Riserva delle Saline di Trapani e Paceco.
Il sistema delle aree naturali protette siciliane occupa circa il 20 per cento del territorio regionale. Questa rete ha un ruolo fondamentale nella protezione della biodiversità e nella promozione del turismo naturalistico in tutta la regione. Attraverso strategie di conservazione e gestione sostenibile, queste aree hanno contribuito a preservare e valorizzare gli ecosistemi unici presenti nel territorio siciliano, che rappresentano un patrimonio tutelato dalla Costituzione.
L’articolo 9, oltre alla tutela del patrimonio artistico e paesaggistico, è stata infatti inserita la salvaguardia dell’ambiente, della diversità e degli ecosistemi, “anche nell’interesse delle future generazioni”. Ma di ambiente si parla anche negli articoli 41 e 117 della Carta Costituzionale. Ed a livello nazionale in Italia si contano 24 parchi nazionali, tra cui c’è quello di Pantelleria istituito nel 2016, 31 aree marine protette, 147 Riserve naturali statali, 134 Parchi regionali e 365 Riserve regionali.
Questa è la “fotografia” della situazione attuale. E per il futuro?
Dalle nostre parti resta in ballo il progetto per l’istituzione Parco delle Egadi e del litorale trapanese di cui si parla da qualche anno. Ma al momento non ci sono novità a riguardo.
Ci sono poi gli obiettivi per la transizione ecologica indicati dall’Unione Europea. Praticamente si punta a proteggere il 30 per cento del territorio e dei mari italiani. Le sfide per tutelare la biodiversità e proteggere il territorio passano da diverse scelte, dalla mobilità sostenibile fino alla tutela del patrimonio naturalistico delle aree protette. Ed il raggiungimento del 30 per cento di mare e di terra tutelati non può che passare dall’istituzione di nuovi Parchi e Riserve. Ma il Piano per la transizione ecologica prevede di arrivare ad un consumo di suolo pari a zero entro il 2030, una precisa strategia dettata dall’Ue nell’ambito del “Green Deal Europeo” in materia di clima e biodiversità.
C’è insomma un preciso quadro di misure per proteggere e ripristinare i suoli, garantendo il loro utilizzo in materia sostenibile, mettendo in campo azioni concrete. Una sfida che passa dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile. E uno degli obiettivi principali è l’azzeramento del consumo di suolo con il contestuale ripristino naturale delle aree compromesse. Ed in questa rivoluzione verde a Trapani c’è davvero tanto da fare se si considera che negli ultimi dieci anni, precisamente tra il 2012 ed il 2022, in base ai dati di Legambiente la città ha perso il 7,2 per cento del suo territorio agricolo a causa della cementificazione. La superficie coperta da asfalto e cemento è aumentata del 7,5 per cento, con un consumo medio di 2,5 ettari l’anno.
Ma c’è di più.
Trapani, sempre secondo Legambiente, ha solo 0,7 metri quadrati di spazi verdi pro capite, il dato più basso di qualsiasi città d’Italia: la media nazionale è invece di 19,5 metri quadrati pro procapite. Un altro dato molto indicativo è quello del consumo di suolo pro capite, che a Trapani è di 224 metri quadratri, quasi il doppio della media nazionale. Insomma, 44 anni dopo quel 18 maggio del 1980, ancora c’è tanto per cui continuare a marciare…